Negli ultimi mesi sono successi fatti gravi e tristissimi in provincia di Padova, soprattutto nella mia zona: molti adolescenti si sono tolti o hanno tentato di togliersi la vita.
Ogni settimana, se non ogni giorno, i giornali emettevano un bollettino di guerra.
Come mamma di una bambina di 7 anni non posso non essere spaventata …
Proprio per cercare di capire il disagio sociale che sta attraversando la nostra società, che non è una novità degli ultimi mesi ma che forse è enfatizzato dalla comparsa dei social media, la settimana scorsa il comune ha organizzato un incontro con il famoso psicologo Paolo Crepet. Sicuramente lo avrete sentito nominare, magari lo avete visto a Porta a Porta o sentito in qualche radio. Ecco per me invece era la prima volta che lo sentivo parlare.
Mi ha colpito molto la schiettezza e il suo modo diretto di parlare. non da psicologo, ma quasi da padre, da amico. La cruda realtà dei fatti sciorinati facevano a volte ridere, a volte accapponare la pelle e alla fine il suo punto di vista risultava a me un condensato di buon senso che è andato perduto.
Perché i giovani sono fragili?
Perché noi genitori non siamo più capaci di trasmettere dei valori forti ai nostri figli?
Perché siamo più portati ad essere accondiscendenti e a rispondere sempre più spesso "fai tu" ad un bambino?
Queste che trovate di seguito sono dei piccoli appunti che ho preso quella sera e che poi sono pensieri che ho ritrovato nel libro "Non siamo capaci di ascoltarli".
Educare è faticoso e spesso porta ad un conflitto. Nella nostra società il conflitto è visto come un qualcosa di negativo da cui tenersi molto alla larga. Per questo il genitore moderno, piuttosto di mettersi in contrasto con il figlio, lascia perdere.
Spesso, per comodità, diamo ai nostri figli lo scettro del potere: i "giovani buddha" (così li chiama Crepet) decidono tutto in famiglia, dal cosa si mangia alla sera a cosa guardare alla tv a dove andare in vacanza. Questo quando sono piccoli. Poi crescendo si ha un processo inverso: i genitori diventano da un lato sempre più schiavi dei figli, dall'altro trattano i figli come bambini: li iperproteggono a tal punto che i figli non sanno assumersi le proprie responsabilità (es. dei genitori che accompagnano il figlio neo-laureato al primo colloquio di lavoro, a 30 anni!).